I dati sulle espulsioni e sull’applicazione delle disposizioni sui casi di rigore pubblicati dall’Ufficio federale di statistica aprono un nuovo dibattito politico sulla cosiddetta clausola di rigore. L’UDC sta valutando la possibilità di richiederne l’abolizione, se necessario attraverso un’iniziativa popolare. Le reazioni da parte di politici provenienti da altri partiti ci inducono ad anticipare proposte che, anche senza prevederne la completa abolizione, potrebbero preconizzarne una revisione in termini più restrittivi.

L’associazione “Il nostro diritto” si impegna per un dibattito sulla clausola di rigore a livello dei principi che della sua applicazione.

Innanzitutto, è opportuno ricordare il tenore della clausola di rigore di cui all’articolo 66a capoversi 2 e 3 del Codice penale:

2 Il giudice può rinunciare eccezionalmente a pronunciare l’espulsione se questa costituirebbe per lo straniero un grave caso di rigore personale e l’interesse pubblico all’espulsione non prevale sull’interesse privato dello straniero a rimanere in Svizzera. Tiene in ogni modo conto della situazione particolare dello straniero nato o cresciuto in Svizzera.

3 Il giudice può inoltre rinunciare a pronunciare l’espulsione se il fatto è stato commesso per legittima difesa discolpante (art. 16 cpv. 1) o in stato di necessità discolpante (art. 18 cpv. 1).

Sulle statistiche:

Nell’opuscolo informativo sull’iniziativa di espulsione (file:///D:/Eigene%20Daten/Downloads/spiegazioni_del_consigliofederale28112010.pdf, pag. 12), l’UDC prevedeva 1’500 espulsioni all’anno. Secondo le statistiche attuali, nel 2019 sono state espulse 1’980 persone. Le aspettative degli iniziativisti sono state quindi ampiamente superate e non è possibile parlare di mancata attuazione.

Le statistiche meritano però un esame più attento. Nel suo rapporto (pag. 9), l’Ufficio federale di statistica indica (traduzione dall’originale in tedesco/francese):

“A livello nazionale, il tasso di applicazione delle espulsioni è del 9% per le condanne a una pena inferiore a 6 mesi rispetto all’86% per le altre condanne.”

È quindi ovvio che il tasso complessivo è più basso, perché le pene per reati di scarsa gravità, in particolare quelli trattati attraverso la procedura del decreto d’accusa (pene pecuniarie, pene detentive di meno di 6 mesi), non conducono all’espulsione – qualunque altra cosa sarebbe del tutto sproporzionata nella maggior parte dei casi. Da questi dati si evince anche che per oltre l’80% dei casi che non riguardano più solo reati minori esiste un rischio di espulsione. Non è quindi necessario esercitare pressioni sui giudici, il che mirerebbe solo a ottenere sentenze sproporzionate e in violazione dei diritti fondamentali.

Una discussione basata esclusivamente sui numeri sarebbe comunque fuorviante. La proporzionalità e i diritti fondamentali non possono essere sottoposti a quote in uno Stato di diritto, e certamente non in uno Stato con il 25% di stranieri e una delle leggi sulla cittadinanza più restrittive d’Europa.

Valutazione fondata sui principi:

La clausola di rigore attua il principio di proporzionalità. Il Parlamento l’ha approvata conscio del fatto che lo sradicamento e il trasferimento forzato verso un Paese con cui il condannato non ha nessun legame possa costituire una sanzione più severa rispetto alla pena principale prevista dalla legge. In tal caso, l’espulsione sarebbe una pena completamente sproporzionata rispetto al reato commesso. Inoltre, l’espulsione può ripercuotersi anche su congiunti non responsabili del reato. Infine, il Paese verso il quale la persona verrebbe espulsa dovrebbe affrontare le conseguenze di un problema sociale e preventivo che non ha causato e che di cui non dovrebbe rispondere.

L’espulsione è una sanzione estremamente incisiva, che viene pronunciata in aggiunta a una pena. Questo riguarda, in particolare, le persone di “seconda generazione”, che – riprendendo i termini del Tribunale federale – sono spesso solo formalmente straniere. Questo aspetto è da ponderare in modo sostanziale nell’esame di proporzionalità (cfr. decisione del TF 6B_209/2018 consid. 1.8). Per queste persone l’espulsione equivale infatti a quello che l’esilio rappresenterebbe per un cittadino svizzero. Saremmo disposti a mandare un cittadino svizzero in esilio per almeno 5 anni (e fino a 15 anni) per avere commesso un furto con scasso o ottenuto abusivamente prestazioni sociali? In un Paese in cui non ha né parenti né amici e di cui non conosce la lingua? Una tale sanzione non sarebbe solo palesemente sproporzionata, ma anche incivile. Non vogliamo giudici barbari, ma giudici che giudichino in modo oculato e in ogni singolo caso se l’espulsione è ragionevole o no. Inoltre, il Tribunale federale ritiene che il carattere potestativo della clausola non implichi che il giudice penale possa decidere liberamente se applicare l’articolo 66a del Codice penale. Il giudice penale deve anzi utilizzare il margine di discrezionalità di cui dispone in virtù della clausola potestativa nel rispetto dei diritti fondamentali (DTF 144 IV 332 consid. 3.3).

La discussione sulla clausola di rigore fa eco a una problematica fondamentale della legislazione. Con la norma sulle espulsioni viene introdotto un diritto penale parallelo per gli stranieri che prevede pene completamente sproporzionate. La clausola sui casi di rigore offre un correttivo ai giudici. Considerando che il legislatore non ha definito all’art. 66a cpv. 2 quando esiste un caso di rigore personale, era scontato che si sarebbe sviluppata un’abbondante giurisprudenza piuttosto che una pratica giudiziaria uniforme.

Valutazione fondata sulla pratica:

Ora c’è chi sostiene che i tribunali abbiano violato la volontà del legislatore e del popolo. Tuttavia, una tale violazione si verificherebbe solo se la clausola di rigore venisse applicata in contraddizione rispetto alle consuetudini riconosciute per l’applicazione del diritto. Dovrebbe quindi essere dimostrato che la clausola sia stata applicata a persone che chiaramente non rientrano nell’ambito di applicazione dell’art. 66a cpvv. 2 e 3 del Codice penale. Chi oggi ne chiede l’abolizione o l’inasprimento può cercare di dimostrarlo a partire da sentenze concrete. Altre sentenze dimostreranno però che la clausola di rigore nella sua forma attuale è ancora utile e che deve quindi essere mantenuta. La semplice costatazione che il numero di persone a cui è stata applicata è superiore rispetto a certe aspettative non è un valido motivo per abolirla; al contrario, ne conferma la necessità e la pertinenza.

Con il chiaro rifiuto delle iniziative “per l’attuazione” e “per l’autodeterminazione”, popolo e cantoni hanno rifiutato chiaramente una giustizia sproporzionata che viola i diritti fondamentali, in particolare nell’ambito delle espulsioni. Un’abolizione o un inasprimento della clausola di rigore porterebbe invece proprio a questo.

PDF in italiano

PDF en français

PDF deutsch

 

 

Print Friendly, PDF & Email